A 2,5 km dall’arrivo, staccato Nibali, la maglia gialla Wiggins non gli dà via libera. Polemiche
Valverde—un cognome perfetto, qui sui Pirenei — da solo, davanti. Basso e Nibali, Wiggins e Froome, Vanendert e Van den Broeck, Van Garderen ed Evans, Pinot, Rolland e altri, dietro. Mancano 16 km e mezzo e comincia l’ultima vera salita del Tour. Si chiama Peyresourde, quota 1569, affrontato la prima volta nel 1910 e l’ultima l’altro ieri, ma dal versante opposto.
Stavolta, l’agonia prevede un sesto grado superiore, o un master, cioè un muro di altri 3 km per arrivare a
quota 1605. Le altezze non rendono l’idea: sembra di stare mille metri più su. Ne è complice anche il tempo: nubi, nebbie, da giubbotto. Valverde ha 2’35" di vantaggio, al traguardo gliene rimarranno 19" per poter dichiarare che «non potrei essere più contento di così». Anima Ma è dietro che si fanno la battaglia, la classifica, anche la storia. Ai -9,7 attacca Vanendert per Van den Broeck, ripreso, ai -7,7 Van den Broeck, che stuzzica Rolland e Pinot, ripresi, ai -6,8 Pinot, che si trascina Van den Broeck e Rolland. Evans cede, Basso rallenta, Nibali fatica, lotta, sputa l’anima, non molla mai. Ai -4 Wiggins passa in testa, come per lanciare Froome. Ai -3 Froome gli dà il cambio, Wiggins perde una decina di metri, e da questo momento in poi Froome si girerà una, due, tre, contate almeno nove volte, facendogli anche segni con le mani, per dire «vieni», «dai», «su». In maniera plateale, teatrale, polemica: come per dire, come per far capire che il più forte è lui, Froome. Gli ultimi mille metri sono piatti, la maglia gialla s’incolla alla ruota del compagno, come un «musher» su una slitta tirata da un husky. Risultato: primo Valverde, secondo Froome, che con le redini perde la tappa e ovviamente non guadagna il primato, terzo Wiggins, che tiene la maglia gialla. Fischi del pubblico. Fratricidi Il ciclismo vive anche di fratricidi. Nel 1940, Coppi s’impadronisce del Giro cominciando da gregario di Bartali (e Bartali gli dà una mano). Nel 1986, LeMond vince il Tour davanti a Hinault, ma arrivano mano nella mano sull’Alpe d’Huez (eppure LeMond dirà di sentirsi «bruciato» da un uomo che è stato il suo eroe). Al Tour 1996, Riis è primo e Ullrich secondo solo perché il tedesco viene frenato. Nel 2004, Cunego sequestra il Giro a Simoni partendo da gregario (e Simoni gliela giura). Gimondi (l’anno precedente in squadra con Motta: due galli in un pollaio) sostiene che «Froome ha dimostrato di essere più forte di Wiggins in montagna» e che «sarebbe stato bello se Froome si fosse ribellato e avesse potuto fare la sua corsa». Wiggins ammette che «Chris è uno scalatore fortissimo», che «io sono un cronoman che va anche in salita», che «è meglio avere Chris come ne piuttosto che contro di me, altrimenti sarebbe stata battaglia tutti i giorni », racconta che «Chris voleva vincere la tappa, ma non sapevamo dei distacchi da Valverde e su Nibali, e quando ho scollinato, ho pensato che quella era l’ultima salita del Tour e ho perso la concentrazione», che «alla radiolina parlavamo di Nibali, di come ne temessimo la discesa, e poi di come si fosse staccato», che «è tutto l’anno che Froome corre alla mia ruota, io ho fatto il capitano e tenuto la pressione dalla Parigi-Nizza in poi, e qui da Liegi in poi, invece lui è libero e fresco». Sacrificio Froome rivela che «il piano era proteggere la maglia gialla», che «mi sono sacrificato per far conquistare la maglia gialla a Wiggins come si sono sacrificati tutti gli altri compagni, a cominciare da Cavendish », che «se mi avessero detto che sarei stato secondo a tre giorni dalla fine non ci avrei mai creduto», e aggiunge che «forse ho perso l’occasione di vincere il Tour, ma ho 27 anni, e avrò un’altra possibilità», e conclude che «questo è il nostro lavoro, questo è il ciclismo ». Questo è il ciclismo dei progetti globali, dei sistemi incrociati, dei piani quinquennali, dei lavori di squadra, dei telecomandi.
MARCO PASTONESI
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