Una grande, enorme miscela di mondo fusa con i simboli universali della britannicità. L’Olimpiade si apre così: la Regina accompagnata cinematograficamente dal James Bond più recente, Daniel Craig, le stramultietniche scuole inglesi, la creatrice di Harry Potter che legge Peter Pan, l'auspicio di tregua olimpica del segretario dell’Onu Ban Ki Moon, fino alla sequenza dei 204 Paesi con la nostra Valentina Vezzali, portabandiera di un’Italia nuova, più colorata, allegramente disordinata, che si specchia nell’azzurro con cui viene illuminato mezzo stadio durante la sfilata. «È un onore rappresentare l’Italia » ha detto la fiorettista, che dopo il giro
è subito rientrata al Villaggio per riposare in vista delle gare di oggi. Giulia tricolore Nel medagliere lo sapremo il 12 agosto, ma all’applausometro ci prendiamo un posto fra le prime dieci. È un bel boato quello che accoglie una squadra contenta di esserci, con la judoka olimpionica Giulia Quintavalle che danza con la bandiera tricolore. Poi è un tripudio del classico Mamma sono qui». E dopo di noi viene un certo Usain Bolt, la gente riconosce l’uomo copertina ed esulta. Per ora Blake deve aspettare. Dal cricket a Wiggins C’è molta Gran Bretagna, molto mondo, ma anche molto sport nella serata che apre le Olimpiadi. Uno sport naturalmente made in England, che riempie la scena sin dai preliminari con la nascita dal cricket, i primi passi del calcio e del rugby, fino al clamoroso omaggio a Bradley Wiggins, il vincitore del Tour, l’uomo che in maglia gialla fa suonare a campana che apre la cerimonia d’apertura dei Giochi numero 30. Mr Bean velocista Il regista Danny Boyle, il maestro di cerimonia, prova a tenere tutto dentro, speranza e sofferenza. Ci sono migliaia di bambini: quelli che cantano l’inno britannico in pigiama. Ma anche il ricordo della Jarrow Crusade, le trecento miglia che un gruppo di uomini rimasti senza lavoro e futuro percorse a piedi nel 1936. Una scena fortissima. Poco prima della gag che s’insinua nella solennità della mitica colonna sonora di Momenti di gloria con l’intrusione di Mr Bean fra Eric Liddell e Harold Abrahms, gli eroi del 1924 e del film. Paralimpici È come se la Gran Bretagna, prima di tutto Londra, volesse dire: il mondo è qui, dove convivono mille modi di parlare, di fare musica, di baciarsi. Un’illusione? Uno sfoggio d’orgoglio? Questo desiderio di non lasciar scappar via niente, di pensare che l’equazione Londra-cinque cerchi contenga tutte le variabili del mondo che c’è, interpreta lo sport in un modo che si sforza di andare oltre i Giochi. Vengono proiettate le immagini del viaggio della torcia insistendo su quelle paralimpiche, prima di David Beckham. Greciae Afghanistan Intanto Carlo scherza con Camilla vicino a un serioso e teso Sebastian Coe. Ma è il momento del «signore e signori vogliate accogliere gli atleti dei Giochi Olimpici di Londra 2012». Come un ritorno sulla terra. La delegazione greca, come al solito apre la sfilata, ed è impossibile non pensare a otto anni fa, a quell’Olimpiade e al soffrire di quel Paese, il più olimpico di tutti. E poi l’Afghanistan, da dove sono arrivati pure i soldati che sono ai mille metal detector seminati qui fuori. Bangladesh e India Lo stadio è quasi rilassato, gli atleti hanno ormai rotto gli schemi di una volta, camminano prima dei dirigenti. C’è tanta voglia di mischiarsi pure qui. Un urlo casalingo che sembra venire dalla pancia di Londra saluta la delegazione del Bangladesh e più tardi quella dell’India. Israele sfila con un fazzoletto nero al taschino, in ricordo delle vittime di Settembre Nero a Monaco 1972. E quando un sofferente Muhammad Ali accoglie la bandiera a cinque cerchi, tutto lo stadio si commuove. Con e senza velo È un mondo strano quello che contiene gli ultraprofessionisti del tennis e del basket, l’eleganza dei ragazzi della Botswana, il compatto arrivo dei brasiliani, il giallo e verde che fa commuovere Dilma Rousseff. Poi l’elegantissimo foulard celeste delle ragazze del Guatemala dopo le loro colleghe egiziane, con e senza velo, Michelle Obama in giacca gialla in tribuna a dire ciao ai suoi e al sorriso compiaciuto ma composto di Kobe Bryant. È un mondo che sogna un futuro. Da oggi comincia a cercarlo tirando, giocando, saltando, nuotando. Poi dovrà necessariamente tornare in altri palcoscenici, sportivi e non, dove l’impresa è e sarà molto più complicata.
VALERIO PICCIONI
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