Gara
intelligente di Allegri: attesa e ripartenza. Sofferenza solo nel finale, ma
rossoneri vicini anche al 21. E si rivede pure Balo
La memoria dell’antica grandezza riemerge
nelle notti in cui gloria e abisso si guardano negli occhi. Ancora una volta il
Barcellona funziona per il Milan come un
richiamo alle armi, lo costringe a dare il suo meglio e in certi momenti anche di più,
scrollandosi di
dosso paure e mediocrità e arrivando a un
pareggio che nell’economia del girone suona come una qualificazione anticipata.
C’è stato un tempo —prima dell’avvento di Messi — in cui Robinho era un
potenziale miglior giocatore del mondo; alla vista del grande
Leo il piccolo genio impigrito illustra a
tutti perché non eravamo dei pazzi visionari quando ne cantavamo le lodi bambine.
C’è stato un tempo in cui lo stesso Messi diceva che Kakà era il suo giocatore preferito,
e quattro anni dopo il prepensionamento al Real l’uomo che fu Pallone d’Oro torna
finalmente nell’arena per fare ciò cui sono destinati i campioni: giocare, e
non marcire tra panchina e tribuna
soltanto perché ti pagano bene. La coppia
brasiliana è tanta parte di questo bel pareggio, traguardo di cui andare fieri
(la gloria) nella serata in cui si temeva una sconfitta anche umiliante (l’abisso);
ma è tutto il Milan a recepire il messaggio di Allegri, che in
settimana aveva parlato di «centimetri che mancano»
riprendendo probabilmente il famoso
discorso di Al Pacino in Ogni maledetta domenica. Stavolta i centimetri
vengono conquistati attraverso una capacità di sacrificarsi per i compagni in
difficoltà che è
stata condivisa, perché ha toccato tutti. Il
Milan ha corso tanto più del Barcellona per tenerne il palleggio, finendo più
di una volta in apnea eppure sopravvivendo, perché c’era sempre un compagno disposto a passare
il boccaglio a chi aveva esaurito l’ossigeno. È stata una bella partita, e come spesso
succede la Champions si è confermata l’habitat naturale di una squadra che in
campionato pare molto più scarsa. Kakà
subito La scelta
di spendere subito Kakà presuppone una partita coraggiosa, e dopo un breve smarrimento
(30 secondi dopo il via ci sono venti giocatori nella metà campo rossonera) il
Milan comincia a usare in modo appropriato l’argenteria che ha messo sul tavolo. Kakà e
Birsa giocano belli larghi nell’interpretazione di un 433 che in Robinho ha un 9
vero, e non falso come farebbe intendere la taglia extrasmall. Il Milan
ovviamente contiene e riparte, e si capisce in fretta che l’applicazione di Montolivo e Muntari sarà la chiave del match
perché è grazie a loro che Xavi e Iniesta inizialmente faticano a battezzare i
movimenti delle punte (anche perché sono molto meno mobili del solito). Muntari,
soprattutto, è in una di quelle serate guerriere che gli appartengono quando il
match vale la pena: riempirà la gara di cose, quasi tutte positive, sostenendo
i compagni da una parte all’altra del campo. Primo tempo pari Il Barcellona finisce sott’acqua
una prima volta al 7’, ma Muntari è in fuorigioco sul visionario assist
di Robinho, e definitivamente al 9’, quando
il tandem brasiliano buggera Mascherano (erroraccio) e Piqué con un gioco a due
di raffinatissima fattura. Xavi si arrabbia con una faccia da «ve l’avevo detto
che il Milan è un serpente velenoso», gli altri chinano il capo e cominciano a
remare in avanti. Il pareggio arriva in fretta, perché Zapata e Montolivo
coproducono una delle poche svirgolate della serata rossonera, e Iniesta è
lesto a innescare Messi: ma per tutto il
primo tempo non è il caso di parlare di catalani in controllo, perché l’antico gioco associativo (e meraviglioso)
di Guardiola è soltanto un ricordo, e il Barcellona di oggi vive molto sulla connessione
tra i lanciatori Xavi e Iniesta e le punte, che ballano sulla linea del
fuorigioco cercando il tempo giusto per il ricciolo vincente.
Due conclusioni a fil di palo sono tutto ciò
che combina Neymar, le cui potenzialità sono sfruttate da Martino al 20 per
cento, mentre Messi pare svogliato come spesso gli accade qui. La
sofferenza La
musica cambia nella ripresa, quando Kakà fatalmente si spegne, Birsa alza bandiera bianca e Robinho comincia
a camminare. Balotelli è un totem che permette al Milan di guadagnare qualche
altro minuto di rispetto, Emanuelson sta bene con tutto come il grigio, Poli si
tuffa nel match con coraggio: sono energie fresche che rinsaldano un corpo
rossonero ormai esausto, e occorrono grandi risposte di Amelia (su Iniesta) e
carezze della fortuna (un errore di Adriano sotto porta) per portare la pelle a
casa, provando pure un paio di sortite col furente Muntari. Gli ultimi dieci minuti
sono una sofferenza, il Milan non riparte più e perfino Balotelli si dispone
sulla prima delle due linee di difesa, ora strette, vicine e molto basse. Ma i centimetri stavolta ci sono,
ognuno difende il suo e il Barcellona non riesce a passare. Tra gloria e
abisso, il barometro punta decisamente verso
l’alto.
PAOLO CONDO’

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